Sesso & Sushi: il ristorante giapponese come appuntamento sicuro

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Una verità eterna.
La figa non è mai gratis, era solito ripetermi un amico che non capiva un cazzo di molte cose ma in quel campo, credetemi, un po’ ne sapeva. La figa non è mai gratis, diceva e lo diceva con il tono con cui il maestro Miyagi elargiva le sue perle di saggezza a Daniel-san nella fortunata trilogia di Karate Kid. La figa non è mai gratis e non si riferiva, ovviamente, alla mercificazione più evidente della figa e cioè la prostituzione ma al fatto che il corteggiamento di una ragazza (puttana o meno) richiede sempre denaro, oltre che tempo (il quale, come si sa, è denaro).
Passala a prendere (e paghi la benza), portala al cinema (e paghi il biglietto), offrile un gelato o un cornetto (e paghi il cibo che sceglie), portala direttamente a cena fuori (e paghi il conto). Insomma, è vero che siamo nel XXI secolo e che l’emancipazione femminile ha fatto passi da gigante, però quando ci provi con una tipa, fosse anche la presidentessa del club “donne al potere”, qualcosa qualcosa devi spenderla. La figa non è mai gratis, mi diceva giustamente quest’amico che purtroppo ci ha lasciato qualche anno fa. Prima cioè che il ristorante giapponese diventasse la tappa par excellence di tutti i maschi desiderosi di aprirsi un varco, quel varco, tra una certa gonna o un certo leggins. A volte mi sorprendo a chiedermi che cosa ne pensa adesso da lassù lui, lui che diceva che la figa non era mai gratis quando la spesa contemplata era portare la tipa di turno a vedere un film di Pieraccioni. Chissà cosa penserebbe oggi se fosse qui, oggi che per avere qualche speranza  con la tipa di turno siamo costretti a mettere i nostri reni su Ebay per poterci permettere di portarla al ristorante giapponese.

Il Sol Levante nella Terra di Bari.
Vuoi capire come cambia la società? Parti dai modi di dire. Un tempo non troppo lontano, per rassicurare l’amico che l’uscita serale non sarebbe stata un massacro economico eravamo soliti dire tranquillo, mica stiamo andando a I Due Ghiottoni! (noto ristorante di classe di Bari, nda). Oggi invece per ottenere lo stesso effetto specifichiamo che  mica andiamo al giapponese eh!.
Il ristorante giapponese è dunque diventato il simbolo dell’esborso, l’incarnazione della spesa considerevole, l’incubo del risparmiatore anticrisi. È vero, esistono a Bari vari ristoranti giapponesi che hanno, com’è ovvio, varie fasce di prezzo. Ma per il ragazzo-tipo di Bari i vari ristoranti giapponesi della sua città si traducono in varie fasce di spavento. Dal preoccupante ma affrontabile all you can eat di Shodai all’irraggiungibile e terrificante Taku la cui bontà e i cui prezzi oramai si fondono in leggende metropolitane per cui se è vero  che là ti servono il miglior pesce, preparato dall’ultimo discendente di una millenaria dinastia di cuochi di Hokinawa è anche vero che devi pagare con la tua anima e aggiungerci pure qualche centinaio di euro.
Eppure, nonostante tutto ciò, al ristorante giapponese (ognuno sceglie il suo in base alle sue finanze) bisogna andarci. Perché è buono (oh a me piace almeno), perché il pesce fa bene (e ai baresi dovevano insegnarlo i giapponesi), perché mi ricorda Naruto (prima che il manga andasse a puttane), ma soprattutto perché, per avere la figa, la devi portare in un posto figo. E il ristorante giapponese è un posto figo e ti fa sentire figo. Ci vai in camicia e lei se ne viene tutta agghindata. Accanto a te trovi i professionisti e le loro compagne. E ti senti uno di loro. Le luci soffuse ti fanno sentire come se stessi cenando a Soho o a Belgravia dopo aver passato la giornata a Wall Street o in un ufficio di un grattacielo della CIty. Il cameriere ti dà del lei. Ti senti finalmente adulto. E poi, oltre alla soddisfazione psicosociale, ti aspetti la ricompensa materialistico-carnale. Fai ridere una donna e sei già a metà coscia, dicevano gli antichi. Portala al giapponese, e puoi già pensare a quando farti la doccia post-coitum. La saggezza popolare non sbaglia mai. O no?

La scommessa del sushi.
Esci con una tipa da un po’ di tempo. Una settimana, due settimane, qualche giorno, insomma non importa. Ci esci ma non è la tua ragazza. Non ancora almeno. Siete nel periodo in cui “ci si sta conoscendo”. Tu potresti anche dirlo subito, ok stiamo insieme, siamo fidanzati, stasera ho casa libera, ma lei ci vuole andare coi piedi di piombo. Ha di sicuro un ex ingombrante da dimenticare, una storia difficile che tu non puoi capire, un qualcosa che deve ancora comprendere, perché sta bene con te ma non abbastanza, ha paura di soffrire e di farti soffrire. E tu che fai allora? Beh, le chiedi se le va di andare al giapponese. La risposta è sì. Nonostante ex fidanzati allucinanti, nonostante storie che necessiterebbero di decenni di psicanalisi, nonostante magari si stia facendo tutto il quartiere tranne te, la risposta è sì. E allora prenoti per due, ti vesti elegante ma non troppo, e la passi a prendere.
A questo punto si danno due situazioni. Una in cui il ragazzo frequenta più o meno abitualmente il giapponese e quindi sa cosa prendere e una in cui il ragazzo non ci è mai andato e, di fronte al menu, gli sembra di stare affrontando l’esame di Analisi IV.
Io, ovviamente, faccio parte della seconda. Apro il menu e vado in crisi peggio dell’Argentina nei primi anni 2000.
Cazzo è un Onighiri? Oddio cos’è sta roba? Tempura Moriawase? Il Suzuki Teppanyaki, Suzuki? Cazzo è l’automobile? Yakisoba? Mio Dio, io, io volevo soltanto quello di cui parlano tutti, il sushi, che ne so, le cose rotonde! Lo sapevo che dovevo leggermi il glossario alla fine dei libri di Murakami! Maledetto a me che lo salto sempre!
Lei invece sembra essersi appena trasferita da Tokyo e ti ordina una sfilza di cibi che tu manco riusciresti a pronunciare.
E da bere?
Un vino bianco? , chiede quel figlio di puttana del cameriere manco lo pagassero in percentuale. E che fai? Ti tiri indietro? Ma no, annaffiamo tutto con un delicatissimo bianco.
Poi iniziano ad arrivare le portate e tu preghi che anni di anime e manga ti abbiano almeno insegnato a impugnare le bacchette. Al primo colpo ci riesco. Cazzo sembro nato per mangiare con queste stecche. Poi le poggio, bevo un bicchiere d’acqua ché il vino bisogna razionarlo, e non so più come si fa. Inizio a effettuare contorsioni con le dita, a scherzarci su mentre in realtà sudo freddo, e perdo pezzi. I rolls, i gamberetti, i filetti di salmone cadono sulla tovaglia, si spezzano, scivolano via a due centimetri dalla bocca.
Lei è una macchina perfetta. Ma come cazzo fa? Ha seguito un corso pomeridiano o cosa? Mah, tiro avanti e si ride, si parla, si discute. I piatti vuoti vengono ritirati e, un dio benedica gli stomaci ristretti delle donne, alla domanda sul dolce lei fa no, no, basta così.
E arriva il foglietto magico. E inizia il classico copione in cui lei finge di voler sapere quant’è. E tu le dici no lascia stare. Lei ti ribatte macché scherzi? Nel giro di due minuti lei si persuade a lasciarti fare e tu affronti la cifra totale. Tre banconote. In tutta la mia vita non avevo mai pagato con tre banconote.  E non da cinque, cinque, cinque. E nemmeno da dieci, dieci, dieci.
Le tiro fuori e la mia anima proletaria intacca il mio sistema nervoso. Mentre verso le tre banconote la mia mano prende a tremare vistosamente. A tal punto che lei si preoccupa:

–          Che hai? Ti senti male?

–          No, niente. È il mio Parkinson che si fa sentire a volte.

–        Ahah. Ma va’. Io, scherzi a parte, non mi sento un granché adesso. Un po’ stanca forse. Tornerei volentieri a casa.

Torneresti volentieri a casa? Dopo il giapponese? Ma non funziona così! Non è valido! Mi hanno ingannato! Mi hanno detto che c’era una logica elementare dietro! Portala al giapponese e il gioco è fatto! E al giapponese ci siamo andati. Ti è piaciuto giocare a fare la donna stile Sex and the City?A mangiare con le bacchette in un ambiente semibuio? A fingere di essere una persona di classe quando l’unico film francese che hai visto è il solito fottuto favoloso mondo di Amelie? Bene, adesso vai fino in fondo. Do ut des. Hai avuto e adesso dai.
E invece no. L’accompagni a casa e buonanotte. Sulla strada del ritorno, mi trovo a passare da Santa Fara alla cui stazione di servizio battono, per quel che ne so, le migliori puttane di Bari. Quello, dicono, è il mestiere più antico del mondo. Le guardi e pensi: è proprio vero, la figa non è mai gratis. Non lo è mai stata. Ma questa cazzo di globalizzazione  ha incasinato tutto.  Non più il gelato ma gli smoothies ai frutti tropicali. Non più la pizza ma il sashimi.Che poi perché al giapponese e non al cinese? Boh. Già che sei qui però  non resisti alla tentazione di accostare e chiedere alla bionda con il corpetto rosa shock:

–          Scusa, quanto?

Lei ti guarda e ti dice una cifra.
Mi faccio un paio di calcoli in mente e scoppio a piangere.
Mi sarebbe avanzato qualcosa anche per fare benzina.

21 thoughts on “Sesso & Sushi: il ristorante giapponese come appuntamento sicuro

  1. Pingback: Dopo la fine. Le ex degli amici. | Il Blog Struggente di un Formidabile Genio

  2. La miseria,..da come descrivi le “tipe da sushi”, più che ragazze/donne tipiche del contesto barese mi sembrano escort incallite!!! Come dici nelle ultime righe, si risparmia molto e molto di più con una “addetta della zona Santa Fara”. E probabilmente, la simpatica signorina di Santa Fara, ha visto meno membri maschili delle donne abitualmente portate a mangiare dal giapponese come quella da te descritta. 😀 😀 😀

  3. Come poter non sottoscrivere tutto quello che hai scritto?Leggevo in rete di una novità assoluta, qualcosa di molto più particolare rispetto al classico ristorante Giapponese.Mi riferisco alla possibilità di mangiare sushi in barca a vela sullo sfondo di Polignano a Mare.Ne avete sentito parlare?Questa si che è una vera figata anche perché ci sono le cabine a disposizione e nessuno intorno…

  4. Io sarò anche antipatica, ma dopo aver letto tanti tuoi post non mi aspettavo di leggerti mentre scherzi sul solito, stantio, triste stereotipo della donna che ti fa spendere soldi prima di dartela.
    Piccola delusione.

    • Ma non sei antipatica. 😉
      Premesso che ognuno ha i suoi gusti, quello che mi premeva sfottere non era tanto lo stereotipo della donna che ti fa spendere etc (stereotipo che pure è presente nel post) quanto piuttosto la moda di portare la ragazza al giapponese pensando che sia l’investimento sicuro.

  5. Pingback: Gli amici che si fidanzano | Il Blog Struggente di un Formidabile Genio

    • nuove frontiere dell’appuntamento: la passo a prendere da santa fara, la porto all’aeroporto e tempo due giorni stiamo a bangkok a pasteggiare con soli 5 euro! Ci risparmio sulla cena ma ci vado a perdere nel trasporto: però poi se non concludo la vendo ai trafficanti d’organi del sud est asiatico!

  6. Un consiglio spassionato: la prossima volta portala al “mizuumi” o al “red sky”; magari al modico prezzo di 12 euro (bevande escluse e l’acqua te la porti da casa) riesci anche, giusto per restare in tema, a conquistare il suo “mizuage”.

    P.S. Per la questione delle bacchette, abbiamo semplicemente più resistenza e più culo di voi. In realtà non le sappiamo assolutamente usare!

  7. Un consiglio spassionato: la prossima volta portala al “mizuumi” o al “red sky”; magari al modico prezzo di 12 euro (bevande escluse e l’acqua te la porti da casa) riesci anche, giusto per restare in tema, a conquistare il suo “mizuage”.

    P.S. Per la questione delle bacchette, abbiamo semplicemente più e resistenza e più culo di voi. In realtà non le sappiamo assolutamente usare!

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